Il certificato di agibilità – analisi storica – norme e giurisprudenza – Scarica il Depliant
L’evoluzione dell’abitabilità e dell’agibilità degli edifici in Italia dal mondo antico ad oggi
- Introduzione
Il concetto di agibilità edilizia rappresenta, oggi come in passato, il punto terminale di un lungo processo tecnico-amministrativo.
È l’atto che consente di abitare, utilizzare o commercializzare un edificio, attestandone sicurezza, igiene e conformità.
Nella storia italiana esso ha conosciuto numerosi mutamenti di denominazione e di contenuto: licenza di abitabilità, autorizzazione d’uso, certificato d’agibilità e, più di recente, Segnalazione Certificata di Agibilità (SCAgi). Tali variazioni non rappresentano soltanto un’evoluzione burocratica, ma riflettono trasformazioni profonde nella concezione stessa del rapporto tra costruzione, salute pubblica e legalità urbanistica.
- Origini antiche e fondamenti del concetto – 2.1 Grecia classica
Nelle città-stato dell’Ellade il principio di salubrità delle abitazioni era già riconosciuto come elemento di ordine pubblico.
Ippodamo di Mileto (V sec. a.C.), ricordato da Aristotele nella Politica (V 1303 b), fu il primo urbanista a teorizzare un’organizzazione razionale della polis fondata su orientamento, ventilazione e igiene.
Gli edili ateniesi controllavano distanze, scarichi e allineamenti, anticipando la funzione ispettiva che sarà poi propria delle autorità edilizie.
Fonti: Grecia e Roma
- Aristotele, Politica (V 1303 b) e Ippodamo di Mileto: prime regole sull’orientamento e l’igiene urbana.
- Vitruvio, De Architectura (I sec. a.C.): prescrive che gli edifici sorgano in luoghi salubri.
- Corpus Iuris Civilis (Giustiniano, 533 d.C., Digestum 43.18.1): riconosce la nozione di aedes inhabitabiles, prefigurando l’odierna inagibilità.
2.2 Roma antica
Il diritto romano consolidò il principio che un edificio dovesse essere “habitabilis”.
Nel Corpus Iuris Civilis (Giustiniano, 533 d.C., Digestum 43.18.1) e in altri passi del Codex è previsto che le costruzioni non debbano arrecare danno o pericolo ai vicini e che le aedes inhabitabiles non possano essere destinate alla dimora.
Vitruvio, nel De Architectura (I sec. a.C., lib. I-VI), prescriveva che le case fossero edificate in luoghi salubri e ben ventilati: una vera anticipazione del moderno requisito di agibilità.
- Età medievale e rinascimentale
Con la rinascita dei Comuni italiani (XI–XIV sec.) si moltiplicarono i regolamenti edilizi locali.
Gli Statuti di Bologna (1250), quelli di Firenze (1322) e di Siena (1337) contenevano già norme sulla distanza tra edifici, l’uso dei materiali e la verifica della stabilità e della salubrità.
Il Capitolo de aedificiis degli Statuti fiorentini imponeva il controllo delle nuove case da parte degli “ufficiali dell’ornato e della sanità”, vero precursore dell’attuale ufficio tecnico comunale.
Fonti Medioevo
- Statuti di Bologna 1250, Firenze 1322, Siena 1337: regolavano stabilità, distanze, materiali e igiene.
- Gli “ufficiali dell’ornato e della sanità” controllavano le nuove fabbriche: un’anticipazione del moderno ufficio tecnico comunale.
- Stati preunitari – 4.1 Regno di Sardegna
Con il Regolamento Generale di Sanità del 1837 (Gazzetta Piemontese n. 150 del 30 giugno 1837) si introdusse l’obbligo di ispezione sanitaria delle nuove abitazioni.
I sindaci potevano vietare l’uso degli edifici non riconosciuti salubri, dando origine alla nozione di “permesso d’abitazione”.
4.2 Regno delle Due Sicilie
Già il Regolamento di Polizia Sanitaria del 1819, poi riformato nel 1831, imponeva l’autorizzazione del Decurionato prima che un edificio potesse essere abitato.
L’intento era duplice: tutelare la salute e garantire la stabilità delle costruzioni, in un’epoca in cui l’umidità e i materiali incoerenti costituivano rischio costante.
4.3 Stato Pontificio
Il Regolamento di Sanità Pubblica del 1836 (Archivio Segreteria di Stato, Roma) prevedeva che “nessuna casa di nuova costruzione possa essere abitata senza l’ispezione del deputato sanitario”.
Roma, in particolare, mantenne una prassi di verifiche tecniche e di igiene edilizia che continuerà anche dopo l’annessione al Regno d’Italia.
4.4 Periodo napoleonico e regolamenti cisalpini
Durante il periodo napoleonico (1805 – 1814), il Regno d’Italia introdusse per la prima volta un sistema codificato di polizia edilizia e igiene pubblica ispirato al Code Napoléon e alle ordinanze francesi.
Il Décret impérial sur la Police des Bâtimens del 1807 e le Ordonnances de Police urbaine di Parigi (1808 – 1810) furono recepite in Lombardia e Veneto con il Regolamento edilizio di Milano (Archivio di Stato di Milano, 1809) e con i Regolamenti municipali di Venezia (Archivio Comunale di Venezia, 1810).
Tali testi disponevano che nessuna abitazione potesse essere occupata “sans l’inspection du service d’hygiène publique”, anticipando l’attuale concetto di licenza di abitabilità.
È in questo periodo che si afferma la distinzione tra permesso di costruire e autorizzazione d’abitare, poi mantenuta nei regolamenti post-unitari del Regno d’Italia.
«L’impostazione napoleonica, fondata sull’unione tra controllo sanitario e polizia edilizia, influenzò direttamente i regolamenti italiani post-unitari.
Il principio dell’ispezione preventiva e del divieto d’abitare senza autorizzazione fu recepito nei regolamenti comunali del Regno d’Italia fino al R.D. 1907 n. 636, e confluirà poi nel R.D. 1265/1934.»
Fonti:
- Décret impérial sur la Police des Bâtimens, 18 octobre 1807, Bulletin des Lois de l’Empire Français, n. 152.
- Regolamento edilizio della città di Milano, 1809 (Archivio di Stato di Milano, fondo Prefettura del Dipartimento d’Olona).
- Regolamento municipale di Venezia, 1810 (Archivio Storico del Comune di Venezia).
- Regno di Sardegna (1837) – Regolamento Generale di Sanità (Gazzetta Piemontese n. 150 del 30 giugno 1837): prima ispezione sanitaria obbligatoria.
- Regno delle Due Sicilie (1819 e 1831) – Regolamenti di Polizia Sanitaria: divieto d’abitare senza autorizzazione del Decurionato.
- Stato Pontificio (1836) – Regolamento di Sanità Pubblica: ispezione preventiva prima dell’uso abitativo.
- Milano (1876) – Regolamento edilizio che sostituisce la Commissione d’Ornato del 1806 e introduce controlli d’abitabilità.
- Torino (1881) «Anche Torino emanò nel 1881 un regolamento edilizio con norme sull’abitabilità dei piani seminterrati e sull’aerazione dei cortili (Archivio Storico Città di Torino, Reg. Edilizio 1881), confermando la diffusione nazionale del concetto di idoneità abitativa già prima della legge Crispi-Pagliani.»
- Venezia (XIX sec.) – Regolamenti tecnici e igienico-edilizi per l’ambiente lagunare (cfr. Deborah Howard, Venetian Architecture).
- Età moderna e prime norme nazionali – Regno d’Italia post-unitario (1865–1888)
«Dopo l’unificazione nazionale (1861), il Codice civile del 1865 e i regolamenti locali d’igiene (emanati in applicazione della legge comunale e provinciale del 1865) mantennero la prassi dell’autorizzazione sanitaria preventiva all’abitazione.
Molti comuni, tra cui Torino, Firenze e Napoli, richiedevano già allora un certificato di salubrità, base su cui poggerà la legge Crispi-Pagliani del 1888.»
5.1 Legge Crispi-Pagliani 22 dicembre 1888 n. 5849 (Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 1888)
L’art. 39 stabiliva che “è vietato abitare case di nuova costruzione o restaurate se non dopo che il sindaco ne abbia riconosciuta la salubrità”.
È il primo riconoscimento legislativo nazionale del concetto di abitabilità.
5.2 Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 (Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 1896)
Il Ministero dell’Interno – Direzione Generale della Sanità Pubblica – emanò le Istruzioni per la redazione dei regolamenti locali d’igiene, introducendo per la prima volta l’espressione “permesso di abitabilità”.
L’ispezione sanitaria e il prosciugamento dei muri erano condizioni imprescindibili.
Il requisito del prosciugamento dei muri, più volte ribadito nei regolamenti ottocenteschi, rifletteva la preoccupazione igienista verso l’umidità di risalita e le infezioni da miasmi.
Lente tecniche di costruzione e malte a presa aerea comportavano tempi di asciugatura di diversi mesi; solo nel XX secolo, con i leganti idraulici e le malte cementizie, si ridussero sensibilmente i tempi di essiccazione.»
5.3 R.D. 1° agosto 1907 n. 636 (Gazzetta Ufficiale n. 221 del 20 settembre 1907)
Conferma che “le case di nuova costruzione non possono essere abitate se non dopo l’autorizzazione del sindaco”. Qui nasce il principio della licenza comunale d’abitabilità, fondata su sopralluogo e verifica tecnica.
- Dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934 – al Testo Unico dell’Edilizia
- Con il Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 (G.U. n. 186 del 7 agosto 1934), artt. 220-222, l’obbligo di licenza d’abitabilità diventa regola di diritto pubblico su scala nazionale:
“Le case di nuova costruzione non possono essere abitate senza l’autorizzazione del podestà, la quale è data previo accertamento che i lavori siano conformi al progetto approvato e che i muri siano prosciugati.” L’art. 222 disciplinava inoltre la dichiarazione di inagibilità in caso di pericolo o insalubrità.
Con questa norma la licenza d’abitabilità assume valore legale e probatorio: l’amministrazione attesta la conformità al progetto e l’idoneità igienico-sanitaria dell’immobile.
- Con la Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte), l’abitabilità fu collegata in modo stabile alla regolarità urbanistica: la licenza edilizia divenne obbligatoria su tutto il territorio nazionale.
Da quel momento, l’abitabilità presuppone sia la conformità edilizia (esecuzione secondo il progetto) sia la regolarità urbanistica (rispetto degli strumenti di piano: zonizzazione – norme ed indici di fabbricabilità ecc.). - Il P.R. 22 aprile 1994 n. 425 introdusse il principio del silenzio-assenso e unificò la documentazione: collaudo statico, iscrizione catastale, dichiarazione di conformità, salubrità e sicurezza.
- L’ 24 D.P.R. 380/2001 ha poi sancito che l’agibilità “attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico nonché la conformità dell’opera al progetto presentato”.
- Oggi, dopo il lgs. 222/2016 (SCIA 2), l’agibilità è asseverata dal tecnico, ma il Comune conserva il potere di verifica e di dichiarare l’inagibilità ex art. 222 R.D. 1265/1934.
- Agibilità e compravendita immobiliare – obblighi informativi, pattuizioni e giurisprudenza
L’evoluzione giurisprudenziale ha chiarito che il certificato di agibilità è requisito giuridico-funzionale essenziale del bene immobile.
La Corte di Cassazione ne ha definito la duplice funzione:
- attestare la conformità dell’edificio agli standard minimi di sicurezza, igiene e stabilità;
- garantire che il bene possa assolvere la propria funzione economico-sociale.
(Cass. 10 giugno 1991 n. 6576; Cass. pen. 13 dicembre 1996 n. 4311)
La mancanza del certificato incide sul godimento e sulla commerciabilità del bene (Cass. 3 luglio 2000 n. 8880) e integra inadempimento del venditore, non nullità del contratto (Cass. 29 marzo 1995 n. 3687; Cass. 11 agosto 1990 n. 8199).
Salvo patto contrario, l’onere di ottenere l’agibilità grava sul venditore (Cass. 26 maggio 1999 n. 5103); la mera conoscenza della mancanza non libera da responsabilità, se l’acquirente non ha rinunciato espressamente al requisito (Cass. 14 novembre 2002 n. 16024).
È ammesso l’accordo che trasferisce tale onere all’acquirente (Cass. 17 gennaio 1978 n. 201).
Le sentenze successive hanno qualificato la vendita di immobile privo d’agibilità come aliud pro alio (Cass. 25 febbraio 2002 n. 2729; Cass. 11 febbraio 1998 n. 1391): l’acquirente può chiedere risoluzione o risarcimento, con prescrizione decennale.
Il notaio non può rifiutare l’atto per mancanza del certificato, ma deve informare le parti e curare che la pattuizione sia chiara (Cass. 23 marzo 1978 n. 1426; Cass. 4 maggio 1999 n. 4420).
Il mediatore risponde se omette d’informare l’acquirente del difetto (Cass. 3 giugno 1993 n. 6219).
Le sentenze recenti hanno confermato tali principi:
- Cass. Civ., Sez. II, 28 febbraio 2024 n. 5118: obbligo del venditore di informare sulla mancanza d’agibilità, poiché incide sulla commerciabilità.
- Cass. Civ., Sez. II, 17 gennaio 2024 n. 1767: mancanza d’agibilità = inadempimento, non nullità, salvo diversa pattuizione.
- Cass. Civ., Sez. II, 5 maggio 2023 n. 11843: se la carenza è nota e valutata nel prezzo, l’acquirente non ha diritto a risoluzione.
- Cass. Civ., Sez. II, 9 gennaio 2023 n. 402: dovere di correttezza del venditore nel rivelare circostanze che incidono sull’idoneità all’uso.
- Cons. Stato, Sez. IV, 24 settembre 2024 n. 7740: il certificato d’agibilità presuppone conformità edilizia e urbanistica; il Comune non può rilasciarlo in presenza di difformità.
Conclusione civilistica.
La vendita di un immobile senza agibilità è valida ma genera responsabilità del venditore ex artt. 1477 e 1490 c.c.; l’onere di rilascio deve essere espressamente disciplinato nel contratto.
In mancanza di pattuizione, grava sul venditore.
Nota interpretativa sull’art. 24 e 25 D.P.R. 380/2001
(Chiarimento sul significato dell’agibilità e sulla lettura sistematica del Testo Unico Edilizia; rif. Adiconsum – C.N. Notariato, 2014)
Alcune pubblicazioni divulgative, tra cui la guida Adiconsum (2014), hanno posto l’accento esclusivamente sul comma 1 dell’art. 24, che menziona sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico.
Una lettura isolata di tale comma può far ritenere che l’agibilità riguardi solo l’idoneità igienico-sanitaria, ma l’art. 25, comma 1, lett. b) specifica che deve essere allegata la “dichiarazione di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato”.
La conformità edilizia è dunque presupposto essenziale del rilascio.
La giurisprudenza amministrativa, da ultimo Cons. Stato n. 7740/2024, conferma che il certificato d’agibilità presuppone la conformità al titolo edilizio.
Pertanto, le interpretazioni che limitano l’agibilità alla sola sfera sanitaria costituiscono una lettura parziale del dettato normativo, non pienamente aderente alla ratio del Testo Unico, che ha natura pluridimensionale: sicurezza, igiene, salubrità e conformità edilizia.
- Dal certificato alla Segnalazione Certificata di Agibilità (SCAgi)
Il D.lgs. 25 novembre 2016 n. 222 (SCIA 2) ha sostituito il certificato comunale con la Segnalazione Certificata di Agibilità (SCAgi): il tecnico asseverante attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico e conformità edilizia.
La segnalazione, presentata allo Sportello Unico entro 15 giorni dalla fine lavori, consente l’uso immediato dell’immobile.
Il Comune mantiene il potere di verifica e può dichiarare l’inagibilità ai sensi dell’art. 222 R.D. 1265/1934.
- Il quadro attuale e la Legge 105/2024 (“Salva Casa”)
La Legge 105/2024, di conversione del D.L. 69/2024, ha modificato gli artt. 24–26 D.P.R. 380/2001:
- confermando che la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico e la conformità al progetto presentato si attesta mediante SCAgi;
- richiamando espressamente il rispetto dei requisiti igienico-sanitari del D.M. 5 luglio 1975;
- rendendo chiaro che la conformità urbanistico-edilizia rimane presupposto necessario.
- Effetti civilistici e prassi notarile moderna
Il certificato o la SCAgi non sono condizione di validità della compravendita, ma la loro mancanza incide sulla responsabilità contrattuale.
Il notaio ha obbligo informativo (art. 42 L. Notarile e Cass. 4420/1999); deve segnalare la situazione e favorire clausole che ripartiscano l’onere del rilascio.
Il mediatore risponde ex art. 1759 c.c. se omette di informare l’acquirente della mancanza.
«La prassi più recente del notariato (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 112-2023/C) raccomanda di dare atto nello stesso rogito della presenza o meno del certificato/SCAgi e dell’accordo tra le parti sul soggetto che si farà carico di un eventuale rilascio futuro.»
- Valore probatorio dell’agibilità comunale ante 1994
Il certificato rilasciato dal Comune a seguito di sopralluogo costituiva atto pubblico di accertamento tecnico, avente valore di presunzione legale di conformità (art. 2700 c.c.).
Il Comune non può oggi disconoscerne la validità senza procedimento formale di autotutela (Cons. Stato 7740/2024).
Il cittadino titolare del certificato gode di affidamento legittimo; la revoca immotivata comporta responsabilità dell’ente (artt. 21-quinquies e 21-nonies L. 241/1990).
- Richiamo sintetico delle fonti storiche con estremi G.U.
Periodo | Fonte normativa | Gazzetta Ufficiale / archivio | |||
1888 | Legge 22 dicembre 1888 n. 5849 (Crispi–Pagliani) | G.U. n. 295 del 17 dicembre 1888 | |||
1896 | Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 | G.U. n. 161 del 14 luglio 1896 | |||
1907 | R.D. 1 agosto 1907 n. 636 | G.U. n. 221 del 20 settembre 1907 | |||
1934 | R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 | G.U. n. 186 del 7 agosto 1934 | |||
1967 | L. 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte) | G.U. n. 218 del 31 agosto 1967 | |||
1994 | D.P.R. 22 aprile 1994 n. 425 | G.U. n. 152 del 1° luglio 1994 | |||
2001 | D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 | G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001 | |||
2016 | D.lgs. 25 novembre 2016 n. 222 (SCIA 2) | G.U. n. 277 del 26 novembre 2016 | |||
2024 | Legge 105/2024 (“Salva Casa”) | G.U. n. 183 del 6 agosto 2024 | |||
- Esenzioni dalla certificazione di agibilità
Fabbricati costruiti tra il 1934 e il 1967
L’intervallo compreso tra il Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 e la Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte) rappresenta una fase di transizione normativa: l’obbligo di abitabilità è ormai previsto, ma l’urbanistica non è ancora estesa all’intero territorio nazionale.
In questo periodo, l’agibilità conserva un’impronta sanitario-edilizia: l’art. 221 del R.D. 1265/1934 aveva introdotto la prima verifica di conformità al progetto approvato, ma l’attuazione rimase disomogenea, perché solo i Comuni dotati di regolamento edilizio o sanitario ne applicavano compiutamente il rilascio.
Perciò, gli edifici costruiti tra il 1934 e il 1967 sono formalmente soggetti all’obbligo del certificato, ma l’assenza di tale titolo non comporta irregolarità sostanziale.
La prassi amministrativa e la giurisprudenza riconoscono che, se la costruzione è coeva e mai modificata, la regolarità può essere presunta, in virtù dell’autorizzazione originaria o dell’uso continuo e mai contestato dell’immobile.
Orientamenti giurisprudenziali
- Cass. Civ., Sez. II, 22 febbraio 1982, n. 1130
L’agibilità è richiesta solo per gli edifici costruiti dopo l’entrata in vigore della norma che la prevede; per gli immobili anteriori, la mancanza del certificato non incide sulla validità della costruzione né sulla sua commerciabilità. - Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2012, n. 1282
“Per gli immobili edificati anteriormente al 1934, e per quelli successivi realizzati in epoca in cui l’obbligo non era generalizzato, non sussiste necessità di produrre il certificato di abitabilità, potendosene presumere la legittimità d’uso.” - Cass. Civ., Sez. II, 28 maggio 2015, n. 10929
L’agibilità è condizione di regolarità edilizia per gli immobili costruiti dopo l’introduzione dell’obbligo; per quelli più antichi, la legittimità si desume dall’epoca di edificazione e dall’assenza di abusi. - Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 355/2019/C
Riconosce che per gli immobili edificati prima della Legge Ponte la mancanza di certificato non costituisce vizio urbanistico, purché l’opera sia conforme alle norme vigenti al tempo della costruzione.
Tabella di sintesi – Regime giuridico dei fabbricati 1934–1967
Periodo | Norma di riferimento | Natura dell’agibilità | Obbligo del certificato | Regime probatorio attuale |
1934–1941 | R.D. 1265/1934, art. 221 | Atto edilizio-sanitario del Podestà con verifica di conformità al progetto e salubrità. | Sì, obbligatorio. | L’assenza del certificato non incide sulla legittimità se l’opera è coeva e conforme. |
1942–1966 | L. 1150/1942 (Legge urbanistica) | L’agibilità si collega alle licenze edilizie dei centri abitati. | Sì, ma applicazione non uniforme. | Si presume se l’immobile era regolare e abitato; la mancanza non comporta illegittimità. |
Dal 1967 | L. 765/1967 (Legge Ponte) | L’obbligo diventa generale: l’agibilità è titolo necessario per tutte le costruzioni. | Sì, obbligo pieno. | La mancanza ha rilevanza ai fini contrattuali e urbanistici. |
Considerazioni conclusive
I fabbricati realizzati nel periodo 1934-1967 rientrano in un regime di obbligo imperfetto: l’abitabilità era prevista dal diritto positivo ma non sempre attuata dagli enti locali.
Per tali immobili, la mancanza del certificato non equivale a irregolarità edilizia, purché:
- l’edificio sia dimostrabilmente costruito in epoca compatibile;
- non risultino modifiche successive abusive;
- vi sia stato uso continuativo e mai contestato.
Nella prassi notarile e urbanistica, si ritiene quindi che l’agibilità sia presunta salvo prova contraria, e che la regolarità dell’immobile possa essere dimostrata con documenti storici, atti d’origine o dichiarazioni tecniche di preesistenza.
In sintesi finale:
I fabbricati costruiti tra il 1934 e il 1967 sono formalmente soggetti all’obbligo di abitabilità introdotto dal R.D. 1265/1934, ma la mancata esibizione del certificato non pregiudica la loro legittimità originaria.
La soglia di riferimento giuridico resta il 1934, data in cui l’agibilità assume anche valore di verifica di conformità edilizia, mentre la Legge Ponte del 1967 ne estende l’obbligo generalizzato sull’intero territorio nazionale.
Mancanza di agibilità formule per atti notarili
Versione estesa – immobili ante 1934
“Il fabbricato risulta edificato in epoca antecedente al Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, che ha introdotto l’obbligo del certificato di abitabilità.
Pertanto non è soggetto a tale obbligo, godendo del principio di legittimazione originaria, secondo cui le costruzioni realizzate prima dell’istituzione del titolo specifico si considerano regolari se conformi alle regole tecniche e d’uso dell’epoca.
L’idoneità all’uso e la regolarità edilizia si presumono in virtù della vetustà, dell’assenza di abusi e dell’utilizzo continuativo dell’immobile.”
Versione sintetica
Fabbricato edificato anteriormente al R.D. 27 luglio 1934 n. 1265; non soggetto all’obbligo di certificato di abitabilità. Regolarità e idoneità d’uso presunte in base all’epoca di costruzione e all’assenza di abusi
Versione estesa – immobili ante 1967
Formula consigliata per atti e relazioni tecniche
“Il fabbricato è stato edificato in epoca antecedente all’entrata in vigore della Legge 6 agosto 1967 n. 765 (c.d. Legge Ponte), anteriormente alla generalizzazione dell’obbligo di rilascio del certificato di abitabilità.Esso risulta pertanto non soggetto all’obbligo di tale certificato, trovando applicazione il principio di legittimazione originaria.
La regolarità edilizia e l’idoneità all’uso dell’immobile si presumono in virtù della sua epoca di costruzione e dell’assenza di successivi interventi edilizi difformi o non autorizzati.”
Versione sintetica
Fabbricato costruito anteriormente alla Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte), pertanto non soggetto all’obbligo del certificato di abitabilità; la regolarità e l’idoneità d’uso si presumono in base all’epoca di costruzione e all’assenza di modifiche abusive. Versione estesa – immobili post 1967 privi di certificato
Versione estesa – immobili post 1967
“Il fabbricato è stato edificato successivamente all’entrata in vigore della Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte) e risulta pertanto soggetto all’obbligo di rilascio del certificato di abitabilità/agibilità.
Alla data odierna il certificato non risulta disponibile; tuttavia, l’immobile presenta le caratteristiche strutturali, igienico-sanitarie e impiantistiche conformi alle norme vigenti all’epoca della costruzione.
Le parti sono informate dell’assenza del certificato e convengono che l’onere del suo eventuale rilascio o regolarizzazione graverà sul soggetto indicato in contratto, tenendo conto di tale circostanza nella determinazione del prezzo e nelle garanzie reciproche.”
Versione sintetica
Fabbricato costruito dopo la Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte), soggetto all’obbligo di agibilità. Il certificato non risulta disponibile; le parti ne prendono atto e concordano sull’onere e le conseguenze in sede contrattuale.
Periodo di costruzione | Regime normativo di riferimento | Formula consigliata (versione estesa) | Formula sintetica (uso operativo) |
Ante 1934 | R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 (art. 221) – nessun obbligo di certificato | “Il fabbricato risulta edificato in epoca antecedente al Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, che ha introdotto l’obbligo del certificato di abitabilità. Pertanto non è soggetto a tale obbligo, godendo del principio di legittimazione originaria, secondo cui le costruzioni realizzate prima dell’istituzione del titolo specifico si considerano regolari se conformi alle regole tecniche e d’uso dell’epoca. L’idoneità all’uso e la regolarità edilizia si presumono in virtù della vetustà, dell’assenza di abusi e dell’utilizzo continuativo dell’immobile.” | Fabbricato edificato anteriormente al R.D. 27 luglio 1934 n. 1265; non soggetto all’obbligo di certificato di abitabilità. Regolarità e idoneità d’uso presunte in base all’epoca di costruzione e all’assenza di abusi. |
1934 – 1967 | R.D. 1265/1934 + L. 1150/1942 (Legge urbanistica) + L. 765/1967 (Legge Ponte) | “Il fabbricato è stato edificato in epoca antecedente all’entrata in vigore della Legge 6 agosto 1967 n. 765 (c.d. Legge Ponte), anteriormente alla generalizzazione dell’obbligo di rilascio del certificato di abitabilità. Esso risulta pertanto non soggetto all’obbligo di tale certificato, trovando applicazione il principio di legittimazione originaria. La regolarità edilizia e l’idoneità all’uso dell’immobile si presumono in virtù della sua epoca di costruzione e dell’assenza di successivi interventi edilizi difformi o non autorizzati.” | Fabbricato costruito anteriormente alla Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte), pertanto non soggetto all’obbligo del certificato di abitabilità; la regolarità e l’idoneità d’uso si presumono in base all’epoca di costruzione e all’assenza di abusi. |
Post 1967 | L. 765/1967 (Legge Ponte) – D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia) – D.Lgs. 222/2016 (SCAgi) | “Il fabbricato è stato edificato successivamente all’entrata in vigore della Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte) e risulta pertanto soggetto all’obbligo di rilascio del certificato di abitabilità/agibilità. Alla data odierna il certificato non risulta disponibile; tuttavia, l’immobile presenta le caratteristiche strutturali, igienico-sanitarie e impiantistiche conformi alle norme vigenti all’epoca della costruzione. Le parti sono informate dell’assenza del certificato e convengono che l’onere del suo eventuale rilascio o regolarizzazione graverà sul soggetto indicato in contratto, tenendo conto di tale circostanza nella determinazione del prezzo e nelle garanzie reciproche.” | Fabbricato costruito dopo la Legge 6 agosto 1967 n. 765 (Legge Ponte), soggetto all’obbligo di agibilità. Il certificato non risulta disponibile; le parti ne prendono atto e concordano sull’onere e le conseguenze in sede contrattuale. |
- Il certificato di agibilità in sanatoria
14.1 – Fondamento normativo e origine dell’istituto
L’agibilità “in sanatoria” è una figura peculiare del diritto edilizio italiano, nata per risolvere il problema dell’utilizzo degli immobili sanati ai sensi delle leggi di condono edilizio del 1985, 1994 e 2003.
Il suo fondamento normativo si trova nell’art. 35 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Primo condono edilizio, G.U. n. 59 del 2 marzo 1985), il quale dispone:
“A seguito del rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità, anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e di prevenzione degli infortuni.”
La norma non prevede un rilascio automatico, ma soltanto la possibilità di rilascio, condizionata al rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e salubrità.
Le leggi successive (L. 724/1994, art. 39 e L. 326/2003, art. 32) hanno confermato tale impostazione, senza introdurre automatismi.
Tabella normativa di riferimento
Legge / Fonte | Articolo | Contenuto essenziale |
L. 47/1985 (Primo condono) | Art. 35 | Prevede la possibilità di rilascio del certificato di abitabilità o agibilità in deroga ai requisiti regolamentari, purché non contrastante con norme di sicurezza o salute. |
L. 724/1994 (Secondo condono) | Art. 39 | Conferma la distinzione tra sanatoria edilizia e agibilità: il rilascio non è automatico ma subordinato alla verifica dei requisiti igienico-sanitari minimi. |
L. 326/2003 (Terzo condono) | Art. 32 | Ribadisce l’autonomia del procedimento di agibilità rispetto al condono edilizio. |
D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia) | Artt. 24-26 | Non disciplina la “sanatoria dell’agibilità”; resta applicabile la procedura ordinaria (oggi SCAgi). |
D.M. 5 luglio 1975 | — | Fissa i requisiti minimi di igiene e salubrità (altezza, aerazione, servizi). Deroghe ammesse solo a norme regolamentari, non a norme primarie. |
14.2 – Natura giuridica e limiti applicativi
La sanatoria edilizia e il certificato di agibilità rispondono a funzioni differenti:
- la prima regolarizza l’abuso edilizio sotto il profilo urbanistico e contributivo;
- la seconda attesta la conformità dell’immobile ai requisiti igienico-sanitari e di sicurezza per il suo utilizzo.
L’agibilità in sanatoria non costituisce una categoria autonoma, ma un’applicazione eccezionale dell’art. 35 L. 47/1985.
Come afferma il Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 30 agosto 2021, n. 6091, “la concessione in sanatoria non implica automaticamente l’agibilità dell’immobile, che resta subordinata alla verifica delle condizioni di sicurezza e salubrità”.
La deroga introdotta dalla legge riguarda solo i requisiti regolamentari e non può estendersi a prescrizioni di fonte primaria, come quelle del D.M. 5 luglio 1975.
Ne deriva una contraddizione sostanziale: un immobile può risultare urbanisticamente legittimo ma non idoneo all’uso, generando il paradosso dell’“immobile sanato ma inutilizzabile”.
14.3 – Il paradosso dell’immobile sanato ma non agibile
L’opera edilizia regolarizzata può, paradossalmente, essere priva d’idoneità abitativa.
Come osserva Peppucci (2024), “un bene sanato ma privo di agibilità rimane incompleto sotto il profilo giuridico e funzionale, poiché la sanatoria non può produrre effetti contrari alla sua finalità conciliativa”.
Il TAR Campania, Napoli, Sez. IV, sent. 19 giugno 2023, n. 3705, precisa che:
“Il rilascio del titolo in sanatoria non può generare un affidamento legittimo circa il conseguente rilascio dell’agibilità: la sanatoria urbanistica e l’agibilità edilizia rispondono a finalità distinte e non sovrapponibili.”
14.4 – La prassi amministrativa dei Comuni
In mancanza di una disciplina organica nel D.P.R. 380/2001, numerosi Comuni hanno adottato una prassi amministrativa interna per il rilascio dell’agibilità in sanatoria, spesso contestuale al titolo di condono.
Essa richiede generalmente:
- certificazione di staticità strutturale;
- attestazione di idoneità igienico-sanitaria dei locali;
- dichiarazioni di conformità degli impianti;
- documentazione catastale aggiornata.
In alcune Regioni (Lazio, Campania, Sicilia) tale prassi è stata formalizzata mediante linee guida regionali per l’agibilità post-condono, confermando la tendenza alla normalizzazione dell’istituto.
14.5 – Il doppio paradosso: sanato ma non agibile, eppure già utilizzato
La quasi totalità degli immobili oggetto di condono era già abitata o utilizzata al momento della domanda di sanatoria.
Il legislatore del 1985 parlava di “opere ultimate entro il 1° ottobre 1983”, dunque costruzioni esistenti e funzionanti.
È illogico che un immobile dichiarato sanato — e riconosciuto come esistente e integrato nel tessuto urbano — possa essere considerato “non agibile”.
Il titolo in sanatoria riconosce e accetta la realtà dell’utilizzo: negare l’agibilità significa svuotare la sanatoria della sua efficacia.
In termini sistematici, la negazione dell’agibilità a un bene dichiarato sanato produce un corto circuito giuridico: l’amministrazione riconosce la legittimità dell’esistenza ma nega quella dell’uso, contraddicendo la finalità stessa del condono quale strumento di pacificazione urbanistica.
14.6 – Inquadramento giurisprudenziale
Autorità | Provvedimento | Principio espresso |
Cons. Stato, Sez. VI | Sent. 30 agosto 2021, n. 6091 | La concessione in sanatoria non comporta automaticamente l’agibilità; la deroga non può violare norme primarie di sicurezza e salubrità. |
Cons. Stato, Sez. IV | Sent. 26 aprile 2021, n. 2575 | L’agibilità in sanatoria richiede comunque la verifica dei requisiti minimi di sicurezza e igiene. |
TAR Campania, Napoli, Sez. IV | Sent. 19 giugno 2023, n. 3705 | Sanatoria edilizia e agibilità perseguono finalità differenti: la prima è urbanistica, la seconda igienico-sanitaria. |
Cass. Civ., Sez. II | Sent. 29 marzo 1995, n. 3687 | L’agibilità non è condizione di validità del contratto ma requisito essenziale della prestazione del venditore. |
Cons. Stato, Sez. IV | Sent. 24 settembre 2024, n. 7740 | L’agibilità presuppone la conformità edilizia e urbanistica; il rilascio costituisce presunzione di regolarità. |
Dottrina – Peppucci (2024) | Condono edilizio e requisiti di agibilità | La sanatoria non può rendere utilizzabile ciò che non rispetta le condizioni minime di sicurezza e salubrità; ma negare l’agibilità a immobili già abitati crea uno squilibrio di sistema. |
Tutte le pronunce concordano nel ritenere che il rilascio dell’agibilità, anche in sanatoria, è atto vincolato nei limiti della verifica tecnica, e non effetto automatico della sanatoria edilizia.
14.7 – Considerazioni conclusive
L’agibilità in sanatoria rappresenta un compromesso tra principio di legalità urbanistica e principio di effettività dell’abitare.
È un istituto “ponte” tra diritto e realtà: ammette l’esistenza dell’abuso, ne riconosce la legittimità postuma, ma spesso nega la piena utilizzabilità.
Un immobile sanato, riconosciuto come “già utilizzato” al momento del condono, può essere considerato non agibile secondo le norme vigenti.
Da un lato, la legge tutela la salute pubblica; dall’altro, la stessa legge ha riconosciuto la stabilità dell’abitare.
La soluzione, in assenza di disciplina unitaria, resta affidata alla valutazione tecnica dei Comuni, che possono — ove sussistano le condizioni minime di sicurezza e igiene — rilasciare un certificato di agibilità in sanatoria, completando il processo di legalizzazione dell’immobile.
- Conclusione generale – L’agibilità come garanzia di civiltà edilizia
Dalle origini greco-romane fino all’attuale SCAgi, il principio rimane immutato: un edificio è utilizzabile solo se conforme e salubre.
Ogni epoca ha esteso il controllo — da quello sanitario a quello tecnico-urbanistico — senza mai disconoscere la funzione di garanzia dell’agibilità.
L’attuale disciplina unisce in un unico atto sicurezza, igiene e regolarità edilizia, proseguendo un filo normativo iniziato oltre duemila anni fa.
L’agibilità, dunque, non è solo il documento che consente l’uso di un edificio, ma rappresenta la sintesi di un’evoluzione secolare del rapporto tra costruzione, salute e diritto: la garanzia di un abitare conforme, sicuro e socialmente legittimo.
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1888 – Legge 22 dicembre 1888, n. 5849 (Crispi–Pagliani) – G.U. n. 295 del 17 dicembre 1888
1896 – Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 – G.U. n. 161 del 14 luglio 1896
1907 – R.D. 1 agosto 1907, n. 636 – G.U. n. 221 del 20 settembre 1907
1934 – R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. leggi sanitarie, art. 221) – G.U. n. 186 del 7 agosto 1934
1942 – Legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) – G.U. n. 244 del 16 ottobre 1942
1967 – Legge 6 agosto 1967, n. 765 (Legge Ponte) – G.U. n. 218 del 31 agosto 1967
1971 – Legge 5 novembre 1971, n. 1086 (opere in c.a. – collaudo statico) – G.U. n. 291 del 16 novembre 1971
1975 – D.M. 5 luglio 1975 (requisiti igienico–sanitari) – G.U. n. 190 del 18 luglio 1975
1990 – Legge 5 marzo 1990, n. 46 (impianti) – G.U. n. 59 del 12 marzo 1990
1994 – D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425 (procedimento abitabilità; silenzio-assenso) – G.U. n. 152 del 1° luglio 1994
2001 – D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. edilizia, artt. 24–26) – G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001 (S.O.)
2013 – D.L. 21 giugno 2013, n. 69 conv. L. 9 agosto 2013, n. 98 (agibilità parziale) – G.U. n. 144/2013 e n. 194/2013
2016 – D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (SCIA 2 / SCAgi) – G.U. n. 277 del 26 novembre 2016
2024 – Legge 6 agosto 2024, n. 105 (“Salva Casa”, conv. D.L. 69/2024) – G.U. n. 183 del 6 agosto 2024